La relazione del segretario provinciale Roberto Ferrari all’assemblea provinciale pd del 6 maggio 2013

8 maggio 2013 di Redazione PD Correggio Lascia un commento »
La relazione del Segretario Provinciale, Roberto Ferrari

Conosciamo i fatti che si sono susseguiti in queste ultime settimane, ma alcuni approfondimenti sono necessari.
Quello che si è verificato e la situazione che si è generata non corrisponde a ciò per cui abbiamo lavorato con passione e sacrificio in questa lunga stagione, almeno dal Novembre 2011.

Lo dico per chiarezza politica, altre interpretazioni sono legittime ma devono esprimersi apertamente poiché qui non ci possono essere franchi tiratori protetti dal voto segreto.
Abbiamo costruito la coalizione Italia Bene Comune per offrire agli Italiani una proposta di cambiamento alternativa alle politiche che hanno contraddistinto i governi populisti di destra e per superare l’ingovernabilità delle alleanze eterogenee dei governi di centrosinistra.
Non abbiamo convinto a sufficienza gli Italiani, complice una pessima legge elettorale e un clima di antipolitica e contro i partiti in particolare, ma anche per la responsabilità nel non aver saputo interpretare in anticipo e con distinzione la richiesta di rottura verso un modo di gestire il mandato elettorale non più sostenibile da gran parte dell’opinione pubblica e da molto del nostro elettorato di riferimento. Oggi abbiamo questo Governo ” di servizio e temporaneo ” come l’ha definito il Presidente del Consiglio Enrico Letta, cui facciamo i migliori auguri di buon lavoro per un compito difficilissimo se non al limite dell’impossibile. Un Governo che nasce come conseguenza a fronte di errori e atti politici rilevantissimi di cui purtroppo il PD porta buona parte delle responsabilità, anche se non esclusivamente.

Dovremmo cercare di non fare analisi con i “se” ma è stato un fatto politico, l’impossibilità di formare un Governo del cambiamento, o anche il solo avvio di un Governo del cambiamento, per l’intransigenza e la spregiudicatezza politica del M5S. Coloro che vorrebbero rappresentare la discontinuità agiscono in base al vecchio principio del tanto peggio tanto meglio al fine di lucrare consenso.
Noi abbiamo agito responsabilmente per cercare questa possibilità? Credo di sì. Abbiamo fatto tutto quello che era possibile? Credo di no. Decidendo di non cambiare il rigorista, riuso la metafora calcistica della relazione alla direzione del 12 Marzo scorso, non abbiamo accettato di aggiornare il nostro ruolo politico dopo aver ammesso di non aver vinto.

La teoria politica dei due cerchi, quello governativo distinto da quello istituzionale, teoria onesta e pragmatica da parte nostra ha però permesso a chi le elezioni nelle urne le ha perse, il PDL, di comportarsi da comprimario, scegliendo nella nostra parte col fine palesemente annunciato di accreditarsi quale forza di Governo e quindi politicamente vincitrice.
I due cerchi, per noi distinti e separati, erano per il PDL due anelli di una catena, catena che si sarebbe stretta al collo del PD.

E’ questa la ragione politica della discussione che si è aperta dopo la proposta Marini, con l’assemblea dei grandi elettori del PD che non ha potuto discutere di questo ma solo votare, con il partito sul territorio che “orecchie a terra”, come spesso ci chiedono, aveva raccolto il malumore, interpretato il rischio politico e chiesto di fermarsi. Cosa possibile viste le procedure per le prime tre votazioni e necessaria per consentire un chiarimento anche a fronte dell’altro atto politico rilevante che si stava consumando in silenzio, la rottura della coalizione Italia Bene Comune, la fine immediata del progetto politico che avevamo costruito per il centrosinistra. Non era ancora nato un Governo e l’alleanza si era già disgregata durante la discussione per l’elezione del Presidente della Repubblica.

Poi è arrivata la candidatura di Romano Prodi, nelle assemblee di circolo cui ho partecipato in queste settimane, era la personalità indicata e riconosciuta a larghissima maggioranza e non credo di dover spiegarne i motivi, ma la sua candidatura nasce come conseguenza per ricompattare il partito e affrontare un’elezione che consegnava solo a noi la chiave per risolverla essendo necessaria la sola maggioranza semplice.
Agli errori si aggiungono l’amarezza e la rabbia per aver umiliato il fondatore riconosciuto dell’esperienza dell’Ulivo, e noi da reggiani lo vogliamo dire non solo perché consideriamo Prodi un concittadino ma soprattutto perché qui già dal 1995 abbiamo costruito le prime esperienze di governo fra chi poi avrebbe dato vita all’esperienza nazionale dell’Ulivo, rabbia perché 101 elettori, protetti dal segreto, hanno determinato la linea politica del PD. Costringendoci poi a chiedere in ginocchio al Presidente uscente di rimanere, per rimediare a un’irresponsabilità istituzionale, costringendoci all’irrilevanza politica nonostante il maggior gruppo parlamentare presente, che rischia di trasformarsi nel più grande gruppo misto della storia parlamentare.

101, o forse qualcuno di più, che diversamente da quanto avvenuto durante la proposta Marini, non hanno mostrato il volto, nascosti probabilmente da ragioni indicibili poiché a oggi nessuno ha sentito l’esigenza di manifestare questa scelta politica, ma decisivi per orientare poi la svolta verso l’attuale forma di Governo.
La storia dei grandi partiti, e noi siamo ancora qui a chiederci se mai lo diventeremo, è sempre stata contraddistinta da discussioni vere e animate, soprattutto in vista dei grandi appuntamenti, ma poi nelle istituzioni si vota compatti. Mentre noi ci siamo illusi di Direzione in cui si vota all’unanimità, con tanti assenti e silenzi al dibattito, per poi andare divisi al voto nelle istituzioni.

A seguire le inevitabili dimissioni del Segretario, a PLB va tutto il riconoscimento per la generosità e l’assunzione di responsabilità che ha dimostrato, si tratta di un fatto rilevante per il partito, ma sono soprattutto la nascita del Governo Letta e della maggioranza che lo sostiene a rappresentare un fatto molto rilevante per il paese.
Un paese, fatto di lavoratori, imprenditori grandi e soprattutto di tanti piccoli, fatto di giovani in cerca di futuro, di esodati e di cassintegrati, di famiglie al limite della povertà che ogni giorno si aggiungono alle tante che già vi sono.
Un paese che aspetta risposte, azioni, decisioni.

E oggi ci troviamo con il Governo “di servizio e temporaneo”, l’unico oggi possibile.
Va riconosciuto a Enrico Letta che nella forzata composizione è riuscito ad evitare il peggio, sottraendo dalla lista dei Ministri alcuni nomi indigeribili e imbarazzanti, contribuendo a partire dal PD a segnare una distanza dai governi precedenti.
Poi come spesso accade quando si scende ai Sottosegretari, si perde un po’ di purezza.

Della proposta Letta, a mio avviso un po’ troppo vasta e articolata per un Governo di “servizio e temporaneo” ma che temo si dovrà ridimensionare presto vista la realtà, ho apprezzato moltissimo il riferimento alla dimensione politica europea per la ricerca delle soluzioni necessarie al nostro paese, seguite subito nei fatti con l’immediata visita a Berlino, Parigi e Bruxelles.
Così come la presenza nel Governo di due Sindaci (o ex) che mi auguro finalmente portino al tavolo delle decisioni l’esperienza e la conoscenza di chi vive il quotidiano difficile lavoro di governo del territorio, perché ne conosce le esigenze ma anche il potenziale per aiutare il paese a riprendere a crescere in modo coeso e sostenibile, valorizzando le tante esperienze positive presenti, la capacità di fare comunità, e l’equità per accompagnare tutti nei sacrifici richiesti.

Un grosso in bocca al lupo a Graziano Delrio, ci aspettiamo molto dal tuo lavoro, soprattutto noi reggiani, disposti a cedere il Sindaco della città capoluogo se un Ministro saprà essere di aiuto al paese.

Una parentesi su Reggio Emilia: siamo entrati nell’ultimo anno di legislatura del mandato di Graziano Delrio, iniziato nel 2004 e poi rinnovato nel 2009. Il progetto di governo deve potersi concludere con il sostegno e l’impegno di tutti quelli che l’hanno voluto e sostenuto fino ad oggi.
La decadenza del Sindaco, nei tempi previsti dalla legge, non deve togliere credibilità al progetto, anzi come sempre avviene all’approssimarsi della fine della legislatura occorre concentrare tutte le energie per portare a termine tutti gli obiettivi previsti. Non spetta a me giudicare se l’attuale giunta è nelle condizioni di reggere tutti gli impegni presi con la città, certo è che bisogna farlo. Gli attuali Assessori, a partire dal nuovo Vicesindaco Ugo Ferrari, che ringrazio per la disponibilità dimostrata anche in quest’occasione, sono coloro che hanno contribuito fino ad oggi a concretizzare il progetto di governo della città, lo sapranno fare anche in questo fine di legislatura anomalo ma per questo ancora più dante responsabilità. Possono e devono contare sul sostegno del PD e tutta la coalizione.
Gli elettori reggiani hanno con il loro voto legittimato il Sindaco, i consiglieri Comunali e una proposta di governo della città. La decadenza prevista dalla legge comunque garantisce di evitare il commissariamento e quindi la delegittimazione della volontà popolare, attribuendo ancora maggior ruolo al Consiglio Comunale e soprattutto alla sua maggioranza, i nostri Consiglieri, dal ruolo del Capogruppo, saranno ancora di più i garanti del patto con i cittadini fino a fine mandato.

Reputo onesto aver posto un termine ai lavori per le riforme istituzionali, diciotto mesi sono un tempo giusto e realistico per ottenere dei risultati se ci sono le condizioni e la volontà politica per farle, sottraendo così dai ricatti questo tema e attribuendo alle ragioni che sostengono questa convivenza politica fra parti opposte un obiettivo che il paese si aspetta da ormai troppo tempo.
Mi convince molto meno la formula usata della Convenzione, a parte il tragico rimando alla nefasta esperienza della Bicamerale, questo strumento che poteva forse giustificarsi se ci fosse stato un governo monocolore, lo ritengo molto pericoloso se si fa passare l’idea che esiste un soggetto investito di un rilevante ruolo politico e decisionale che, di fatto, si contrappone al Governo creando una sorta di parallelismo in cui raddoppiano i luoghi della rappresentanza e della visibilità.
Consiglierei di usare i luoghi previsti dalle commissioni affari generali magari congiunte fra Camera e Senato, per valorizzare le forme parlamentari ordinarie e per separare gli equilibri difficili del governo dalla discussione parlamentare.

Fra le materie più attese da questa discussione sulle riforme sicuramente ci sarà la legge elettorale, ma per evitare ulteriori fallimenti sarà necessario e inevitabile legare la nuova legge alla discussione su quale forma di governo vogliamo.
Sono sempre stato molto restio, ed ho ancora personalmente molti dubbi, a mettere in discussione l’attuale forma del Governo Parlamentare, ma è pur vero che qualche riflessione dovremo farla, perlomeno per chiarirci e definire poi una proposta politicamente unitaria e sostenibile.
Gli Italiani sono stanchi di andare a votare e non sapere chi li governerà per giorni e giorni, nei nostri dibattiti parliamo di Stati Uniti D’Europa e d’investitura diretta del Presidente della Commissione Europea quale evoluzione rafforzativa del soggetto politico Europa, alcuni parlano espressamente di Presidente del Consiglio come del Sindaco d’Italia per rafforzarne la legittimazione diretta. Il tema esiste, discutiamone, troviamo una posizione e poi sosteniamo una proposta che dia delle risposte a un’esigenza di governabilità che ancora non è stata risolta.
Qualcuno mi dirà che si tratta di un tema congressuale, sì lo è, infatti del congresso ne abbiamo molto bisogno.

Per concludere, sul rapporto PD e Governo penso che, pur in una situazione anomala e difficile, il nostro compito sia di caratterizzare fortemente il nostro contributo al dibattito parlamentare e al sostegno delle iniziative di governo nella direzione delle politiche per il lavoro, la crescita, l’equità fiscale.
Abbiamo fatto degli errori, tradito delle aspettative, deluso i nostri sostenitori, ma non possiamo venire meno alle ragioni che ci hanno accompagnato fin qui, non possiamo fuggire dai contenuti programmatici per i quali comunque circa otto milioni di Italiani ci hanno votato, non possiamo abbandonare la battaglia per uscire da questa crisi e soprattutto uscirne tutti insieme.
Poiché la responsabilità di Governo non è solo nostra, prendiamoci un po’ di libertà per far sentire la nostra voce, le nostre ragioni, le nostre proposte.

L’evoluzione politica, le dimissioni del Segretario Nazionale e della Presidente dell’Assemblea del Partito richiedono la convocazione anticipata del congresso.
Sono tanti i temi che si dovranno affrontare: da quelli strutturali quali la forma del partito, il ruolo degli iscritti e degli elettori; quali forme di partecipazione e di rappresentanza; elezione congiunta del segretario nazionale e di quelli regionali come nel 2009 o separate; dopo la norma transitoria per le primarie del Novembre scorso ritornare alla formula originale del segretario candidato premier o separare le due cariche e quindi anche i tempi d’indicazione; si tratta di temi che hanno comunque forti ripercussioni politiche.
Tenere separati i ruoli di Segretario del partito dal candidato premier, mi fa pensare troppo agli stessi rischi di competizione che ci potranno esser fra Presidente del Consiglio e Presidente della Convenzione, non mi pare molto utile alla chiarezza e alla legittimazione richieste; oltre al fatto che personalmente penso che le elezioni anticipate siano ancora una possibilità molto probabile. Poi è evidente che molto dipende anche da che forma di governo avremo e con quale legge elettorale andremo a votare.
Sappiamo anche che questo congresso dovrà sciogliere alcuni nodi, resi ancora più intricati dalle ultime vicende, nodi strategici per il futuro del PD che vogliamo ancora unito per essere in grado di rappresentare quella speranza che dal 1996 molti italiani si aspettano di veder realizzata ma che abbiamo sempre deluso, per questo siamo arrabbiati ma sappiamo anche che quella era la visione giusta. Una forza politica di centrosinistra, scritto pronunciato e pensato senza trattino, strutturata e plurale, capace di unire le migliori tradizioni democratiche di governo e capace di saper attrarre e motivare energie nuove che la nostra società sa esprimere e che dovranno aiutarci a crescere e a rappresentare una società in forte cambiamento ma non per questo meno bisognosa di essere coinvolta. Ora dobbiamo chiarirci se ne siamo ancora convinti e sapere che ci sta.

Mi si dirà che per fare bene un congresso di questa importanza ci vuole il giusto tempo, e quindi che la reggenza dovrà accompagnarci fino a Settembre- Ottobre per preparare bene la discussione.
Sono ragioni legittime e comprensibili, ma mi sembra difficile poter sostenere che una fase da tutti riconosciuta come drammatica e straordinaria per il paese e per il nostro partito possa essere gestita con le scadenze ordinarie.

Abbiamo bisogno di un Segretario e di un progetto politico, ne abbiamo bisogno presto, per uscire da questa fase d’involuzione e smarrimento, per contrastare scissioni o silenziosi allontanamenti, per ridare dignità alla nostra presenza politica.
La reggenza è tale se limitata nel tempo e nel mandato, la stessa configurazione della maggioranza che ha permesso la nascita del Governo Letta merita di avere fra i propri riferimenti un partito e il suo Segretario/a e non una reggenza.

Inoltre un congresso in autunno ci porta come conseguenza la convocazione dei congressi territoriali nell’inverno- primavera del 2014, una stagione troppo vicina all’appuntamento elettorale delle Amministrative, abbiamo bisogno di organismi legittimati e operativi in tempi utili a gestire questa scadenza, importantissima per numero di enti che andranno al voto e per la verifica politica del nostro consenso. I tempi devono essere molto più ristretti o forse provare anche ad accorpare alcuni passaggi se non addirittura a invertire la prassi.

Ne approfitto per ricordare che fra tre settimane comunque andranno al voto due Comuni: S. Polo e Castelnovo Sotto. Un grosso in bocca al lupo a Mirca Carletti che si ripresenta e a Maurizio Bottazzi che ha accettato questa nuova esperienza, auguri a loro e a tutti i candidati consiglieri che hanno accettato di impegnarsi direttamente in un momento ricco sopratutto di grane e preoccupazioni.

Ancora una volta siamo di fronte ad un passaggio difficilissimo, mi auguro che ci sentiamo tutti impegnati e coinvolti nel dare il nostro contributo.
Penso che sarà più facile e redditizio farlo se, nel metterci tutti in discussione, si rinunci a tatticismi o a rendite di posizione che, se sono sempre dannose al sistema partito, lo sono ancora di più nel momento in cui questo partito deve cercare la forza e le ragioni per rilanciare la propria presenza.

Non mi sottrarrò dal compito di essere garante di questa fase congressuale, ma fra i miei difetti c’è anche quello di dire ciò che penso e di fare delle scelte, lo farò anche questa volta con onestà e convinzione, appena ci saranno delle proposte compiute oltre che per me convincenti, invidio quelli che oggi sanno già cosa fare, perché credo all’utilità e al dovere di partecipare al dibattito politico, oggi ancora di più.

L’unica cosa di cui sono sicuro oggi è di non sentirmi impegnato in scenari fuori dal Partito Democratico.
Faccio ormai parte di quella generazione che pur essendo troppo giovane per portare le colpe più gravi della storia politica del nostro paese è allo stesso tempo ritenuta, a torto o a ragione, troppo vecchia per esserne una credibile alternativa, pazienza, ma se ognuno fa quello che sa fare e lo fa per la causa collettiva allora vale la pena stare in un partito.
Voglio poter continuare a essere, aggiungo orgoglioso di essere, insieme con voi, uno dei tanti iscritti al Partito Democratico.

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